giovedì 30 gennaio 2014
A GIOEBIA!
A Gioebia!.. a Gioebia! ...andavano un tempo schiamazzando, l'ultimo giovedi' di gennaio, i ragazzi per la vie di Busto Arsizio accompagnando gli strilli con il suono della percussione di coperchi e di latte, cioè battendo "cunt' i cuercì e sü i tuluni".
A sera, poi, le gioebie costruite dai gruppi di cortile o di contrada con stracci e paglia, e che potevano assumere le sembianze maschili o femminili, a seconda che ì fantocci fossero rivestiti di pantaloni e camicia con il capo coperto da un cappellaccio oppure con mutandoni di pizzo, un grembiule ed il capo coperto da un fazzoletto, venivano portate in grandi cortili o sulle piazze per essere bruciate. Consumati i fantocci, il rogo continuava ad accompagnare la festa popolare alimentato da fascine di rubinia e fusti secchi di granoturco, cioè fasci di "brusciain" e di "maagosciu".
La festa , il cui nome trae origine probabilmente dal femminile dell'aggettivo latino iovius,a, um, derivato dal genitivo lovis del sostantivo lupiter (cioè Giove), e le cui origini si perdono nelle sovrapposizioni di tradizioni lontanissime, è nella variante bustocca anche la festa del "di scienén", cioè I' occasione di cenare in comunità o in famiglia "cunt' uI lüganghén", il salamino, cotto nella brace e nella cenere del camino, oppure , presso i gruppi più poveri, "cunt' ul saràcu", cioè con la popolare saracca; immancabile era sulle mense "ul pangiàldu", cioè il tradizionale pane alto lombardo impastato con farina di grano e granoturco.
Le sequenze nel loro insieme esprimono anche la radicata concezione popolare secondo la quale avere una "patria" vuoi dire non essere soli: sapere che nella gente, nel dialetto, nella terra e nel cibo c'è qualche cosa di tuo.
(Dal volantino della Gioeubia 2006 del Club "Ul cuarantacenchi")
martedì 28 gennaio 2014
ANCORA UN MENESTRELLO VERSO LA TERRA DEI GIUSTI
MENESTRELLO ADDIO
PETE SEEGER - 94 anni, testimone della pace e dei diritti, voce del folk americano -
I VIOLINI DELLA SPERANZA
IL PAPA SUI "VIOLINI DELLA SPERANZA"
Le musiche dei Violini della Speranza “sono lacrime storiche”, scrive Papa Francesco al rabbino Avraham Skorka di Buenos Aires, insieme al quale nel 2010 ha pubblicato il libro “Il cielo e la terra”. "Dodici violini sopravvissuti alla Shoah suoneranno insieme” scrive il Pontefice. “Il pubblico ascolterà musiche di Barber, Bloch, Sarasate, Vivaldi, Beethoven, ma il cuore di ciascuno dei presenti sentirà che dietro il suono della musica vive il suono silenzioso delle lacrime storiche, lacrime di quelle che lasciano traccia nell’anima e nel corpo dei popoli. Mi auguro che chiunque parteciperà a questo evento possa immedesimarsi in quelle lacrime storiche, che oggi giungono a noi attraverso i violini, e senta il forte desiderio di impegnarsi perché mai più si ripetano tali orrori, che costituiscono una vergogna per l’umanità”.
(Dodici violini e un violoncello rimasti dopo la Shoah, ritrovati e restaurati dal liutaio israeliano Amnon Weinstein. C’è il violino di una delle orchestrine di Auschwitz che accompagnavano i deportati nelle camere a gas; quello che fu gettato da un treno in viaggio verso i lager, e venne raccolto e conservato da un contadino polacco; ci sono i violini dei musicisti ebrei che nel 1936 lasciarono la Germania per formare l’Orchestra Filarmonica della Palestina (poi di Israele). Yoel Levi, direttore della Symphony Orchestra di Seoul, dirige la JuniOrchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, composta da strumentisti dai 14 ai 21 anni. Ospiti della serata i violinisti sono solisti Shlomo Mintz, ebreo e israeliano, Cihat Askin, turco e musulmano, e Francesca Dego, italiana di madre ebrea - 46 membri della sua famiglia non fecero mai ritorno da Auschwitz - ridaranno voce ai violini della Shoah, il giovane violinista albanese, musulmano convertito al cattolicesimo, Ermir Abeshi, il violoncellista tedesco Alexander Hülshoff, che suonerà il violoncello appartenuto a David Popper, figlio del Cantore del Ghetto di Praga, trucidato dai nazisti il 19 gennaio 1945. L’attrice Manuela Kustermann racconterà le storie dei violini. In programma brani di Barber, Bloch, Sarasate, Vivaldi e Beethoven).
http://www.unita.it/culture/giornata-memoria-27-gennaio-ebrei-nazisti-anti-semitismo-firenze-roma-musica-rai5-rai3-radio-lager-1.547616
lunedì 27 gennaio 2014
STRINGIAMO LE MANI
Stringiamo le mani a questi ragazzi.
domenica 26 gennaio 2014
giovedì 23 gennaio 2014
LA CULTURA DELL'INCONTRO SECONDO PAPA FRANCESCO
VATICANO -23/01/2014
Papa: i social media, strumento per "dare forma alla vocazione missionaria di tutta la Chiesa"
Nel messaggio per la 48ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali Francesco scrive che i media possono facilitare la cultura dell'incontro e del farsi "prossimo". La Chiesa percorra anche le "strade" digitali per trasmettere "la bellezza di Dio".
Città del Vaticano (AsiaNews) - Lo sviluppo delle comunicazioni, in particolare dei social media, facilita la "cultura dell'incontro", è "un dono di Dio" e chi comunica "si fa prossimo". Ciò comporta disponibilità all'ascolto dell'altro, alla condivisione che, per il cristiano, diventa testimonianza di una Chiesa "dalle porte aperte" e che esce per le strade, "anche quelle digitali, affollate di umanità, spesso ferita: uomini e donne che cercano una salvezza o una speranza".
La comunicazione, così, "concorre a dare forma alla vocazione missionaria di tutta la Chiesa, e le reti sociali sono oggi uno dei luoghi in cui vivere questa vocazione a riscoprire la bellezza della fede, la bellezza dell'incontro con Cristo".
Lo scrive papa Francesco nel messaggio per la 48ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che quest'anno si celebra domenica 1 giugno, reso pubblico oggi e che ha per tema: Comunicazione al servizio di un'autentica cultura dell'incontro.
"Oggi - si legge nel documento - viviamo in un mondo che sta diventando sempre più 'piccolo' e dove, quindi, sembrerebbe essere facile farsi prossimi gli uni agli altri". Ma se sviluppo dei trasporti e delle comunicazioni rendono sempre più interdipendenti, "permangono divisioni, a volte molto marcate. A livello globale vediamo la scandalosa distanza tra il lusso dei più ricchi e la miseria dei più poveri". "Il mondo soffre di molteplici forme di esclusione, emarginazione e povertà; come pure di conflitti in cui si mescolano cause economiche, politiche, ideologiche e, purtroppo, anche religiose".
"In questo mondo, i media possono aiutare a farci sentire più prossimi gli uni agli altri; a farci percepire un rinnovato senso di unità della famiglia umana", ma "i muri che ci dividono possono essere superati solamente se siamo pronti ad ascoltarci e ad imparare gli uni dagli altri. Abbiamo bisogno di comporre le differenze attraverso forme di dialogo che ci permettano di crescere nella comprensione e nel rispetto. La cultura dell'incontro richiede che siamo disposti non soltanto a dare, ma anche a ricevere dagli altri. I media possono aiutarci in questo, particolarmente oggi, quando le reti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi. In particolare internet può offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti, e questa è una cosa buona, è un dono di Dio".
Esistono però, osserva il Papa, "aspetti problematici: la velocità dell'informazione supera la nostra capacità di riflessione e giudizio" e la varietà delle opinioni espresse "può aiutarci a crescere o, al contrario, a disorientarci. Il desiderio di connessione digitale può finire per isolarci dal nostro prossimo, da chi ci sta più vicino. Senza dimenticare che chi, per diversi motivi, non ha accesso ai media sociali, rischia di essere escluso".
"Questi limiti sono reali, tuttavia non giustificano un rifiuto dei media sociali; piuttosto ci ricordano che la comunicazione è, in definitiva, una conquista più umana che tecnologica". Per "crescere in umanità e nella comprensione reciproca" occorre, ad esempio, "recuperare un certo senso di lentezza e di calma. Questo richiede tempo e capacità di fare silenzio per ascoltare. Abbiamo anche bisogno di essere pazienti se vogliamo capire chi è diverso da noi: la persona esprime pienamente se stessa non quando è semplicemente tollerata, ma quando sa di essere davvero accolta. Se siamo veramente desiderosi di ascoltare gli altri, allora impareremo a guardare il mondo con occhi diversi e ad apprezzare l'esperienza umana come si manifesta nelle varie culture e tradizioni. Ma sapremo anche meglio apprezzare i grandi valori ispirati dal Cristianesimo, ad esempio la visione dell'uomo come persona, il matrimonio e la famiglia, la distinzione tra sfera religiosa e sfera politica, i principi di solidarietà e sussidiarietà, e altri".
Per essere a servizio di un'autentica cultura dell'incontro la comunicazione allora va intesa "in termini di prossimità". "Chi comunica si fa prossimo". E come nella parabola del Buon samaritano, "Gesù inverte la prospettiva: non si tratta di riconoscere l'altro come un mio simile, ma della mia capacità di farmi simile all'altro. Comunicare significa quindi prendere consapevolezza di essere umani, figli di Dio. Mi piace definire questo potere della comunicazione come '"prossimità'".
"Quando la comunicazione ha il prevalente scopo di indurre al consumo o alla manipolazione delle persone, ci troviamo di fronte a un'aggressione violenta come quella subita dall'uomo percosso dai briganti e abbandonato lungo la strada, come leggiamo nella parabola".
E come per il samaritano, "non basta passare lungo le 'strade' digitali, cioè semplicemente essere connessi: occorre che la connessione sia accompagnata dall'incontro vero. Non possiamo vivere da soli, rinchiusi in noi stessi. Abbiamo bisogno di amare ed essere amati. Abbiamo bisogno di tenerezza. Non sono le strategie comunicative a garantire la bellezza, la bontà e la verità della comunicazione. Anche il mondo dei media non può essere alieno dalla cura per l'umanità, ed è chiamato ad esprimere tenerezza. La rete digitale può essere un luogo ricco di umanità, non una rete di fili ma di persone umane. La neutralità dei media è solo apparente: solo chi comunica mettendo in gioco se stesso può rappresentare un punto di riferimento. Il coinvolgimento personale è la radice stessa dell'affidabilità di un comunicatore. Proprio per questo la testimonianza cristiana, grazie alla rete, può raggiungere le periferie esistenziali".
"Lo ripeto spesso: tra una Chiesa accidentata che esce per strada, e una Chiesa ammalata di autoreferenzialità, non ho dubbi nel preferire la prima. E le strade sono quelle del mondo dove la gente vive, dove è raggiungibile effettivamente e affettivamente. Tra queste strade ci sono anche quelle digitali, affollate di umanità, spesso ferita: uomini e donne che cercano una salvezza o una speranza. Anche grazie alla rete il messaggio cristiano può viaggiare «fino ai confini della terra» (At 1,8). Aprire le porte delle chiese significa anche aprirle nell'ambiente digitale, sia perché la gente entri, in qualunque condizione di vita essa si trovi, sia perché il Vangelo possa varcare le soglie del tempio e uscire incontro a tutti. Siamo chiamati a testimoniare una Chiesa che sia casa di tutti". "La comunicazione concorre a dare forma alla vocazione missionaria di tutta la Chiesa, e le reti sociali sono oggi uno dei luoghi in cui vivere questa vocazione a riscoprire la bellezza della fede, la bellezza dell'incontro con Cristo. Anche nel contesto della comunicazione serve una Chiesa che riesca a portare calore, ad accendere il cuore".
"La testimonianza cristiana non si fa con il bombardamento di messaggi religiosi, ma con la volontà di donare se stessi agli altri «attraverso la disponibilità a coinvolgersi pazientemente e con rispetto nelle loro domande e nei loro dubbi, nel cammino di ricerca della verità e del senso dell'esistenza umana» (Benedetto XVI, Messaggio per la XLVII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 2013). Pensiamo all'episodio dei discepoli di Emmaus. Occorre sapersi inserire nel dialogo con gli uomini e le donne di oggi, per comprenderne le attese, i dubbi, le speranze, e offrire loro il Vangelo, cioè Gesù Cristo, Dio fatto uomo, morto e risorto per liberarci dal peccato e dalla morte. La sfida richiede profondità, attenzione alla vita, sensibilità spirituale. Dialogare significa essere convinti che l'altro abbia qualcosa di buono da dire, fare spazio al suo punto di vista, alle sue proposte. Dialogare non significa rinunciare alle proprie idee e tradizioni, ma alla pretesa che siano uniche ed assolute".
"L'icona del buon samaritano, che fascia le ferite dell'uomo percosso versandovi sopra olio e vino, ci sia di guida. La nostra comunicazione sia olio profumato per il dolore e vino buono per l'allegria. La nostra luminosità non provenga da trucchi o effetti speciali, ma dal nostro farci prossimo di chi incontriamo ferito lungo il cammino, con amore, con tenerezza. Non abbiate timore di farvi cittadini dell'ambiente digitale. È importante l'attenzione e la presenza della Chiesa nel mondo della comunicazione, per dialogare con l'uomo d'oggi e portarlo all'incontro con Cristo: una Chiesa che accompagna il cammino sa mettersi in cammino con tutti. In questo contesto la rivoluzione dei mezzi di comunicazione e dell'informazione è una grande e appassionante sfida, che richiede energie fresche e un'immaginazione nuova per trasmettere agli altri la bellezza di Dio".
http://www.asianews.it
Papa: i social media, strumento per "dare forma alla vocazione missionaria di tutta la Chiesa"
Nel messaggio per la 48ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali Francesco scrive che i media possono facilitare la cultura dell'incontro e del farsi "prossimo". La Chiesa percorra anche le "strade" digitali per trasmettere "la bellezza di Dio".
Città del Vaticano (AsiaNews) - Lo sviluppo delle comunicazioni, in particolare dei social media, facilita la "cultura dell'incontro", è "un dono di Dio" e chi comunica "si fa prossimo". Ciò comporta disponibilità all'ascolto dell'altro, alla condivisione che, per il cristiano, diventa testimonianza di una Chiesa "dalle porte aperte" e che esce per le strade, "anche quelle digitali, affollate di umanità, spesso ferita: uomini e donne che cercano una salvezza o una speranza".
La comunicazione, così, "concorre a dare forma alla vocazione missionaria di tutta la Chiesa, e le reti sociali sono oggi uno dei luoghi in cui vivere questa vocazione a riscoprire la bellezza della fede, la bellezza dell'incontro con Cristo".
Lo scrive papa Francesco nel messaggio per la 48ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che quest'anno si celebra domenica 1 giugno, reso pubblico oggi e che ha per tema: Comunicazione al servizio di un'autentica cultura dell'incontro.
"Oggi - si legge nel documento - viviamo in un mondo che sta diventando sempre più 'piccolo' e dove, quindi, sembrerebbe essere facile farsi prossimi gli uni agli altri". Ma se sviluppo dei trasporti e delle comunicazioni rendono sempre più interdipendenti, "permangono divisioni, a volte molto marcate. A livello globale vediamo la scandalosa distanza tra il lusso dei più ricchi e la miseria dei più poveri". "Il mondo soffre di molteplici forme di esclusione, emarginazione e povertà; come pure di conflitti in cui si mescolano cause economiche, politiche, ideologiche e, purtroppo, anche religiose".
"In questo mondo, i media possono aiutare a farci sentire più prossimi gli uni agli altri; a farci percepire un rinnovato senso di unità della famiglia umana", ma "i muri che ci dividono possono essere superati solamente se siamo pronti ad ascoltarci e ad imparare gli uni dagli altri. Abbiamo bisogno di comporre le differenze attraverso forme di dialogo che ci permettano di crescere nella comprensione e nel rispetto. La cultura dell'incontro richiede che siamo disposti non soltanto a dare, ma anche a ricevere dagli altri. I media possono aiutarci in questo, particolarmente oggi, quando le reti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi. In particolare internet può offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti, e questa è una cosa buona, è un dono di Dio".
Esistono però, osserva il Papa, "aspetti problematici: la velocità dell'informazione supera la nostra capacità di riflessione e giudizio" e la varietà delle opinioni espresse "può aiutarci a crescere o, al contrario, a disorientarci. Il desiderio di connessione digitale può finire per isolarci dal nostro prossimo, da chi ci sta più vicino. Senza dimenticare che chi, per diversi motivi, non ha accesso ai media sociali, rischia di essere escluso".
"Questi limiti sono reali, tuttavia non giustificano un rifiuto dei media sociali; piuttosto ci ricordano che la comunicazione è, in definitiva, una conquista più umana che tecnologica". Per "crescere in umanità e nella comprensione reciproca" occorre, ad esempio, "recuperare un certo senso di lentezza e di calma. Questo richiede tempo e capacità di fare silenzio per ascoltare. Abbiamo anche bisogno di essere pazienti se vogliamo capire chi è diverso da noi: la persona esprime pienamente se stessa non quando è semplicemente tollerata, ma quando sa di essere davvero accolta. Se siamo veramente desiderosi di ascoltare gli altri, allora impareremo a guardare il mondo con occhi diversi e ad apprezzare l'esperienza umana come si manifesta nelle varie culture e tradizioni. Ma sapremo anche meglio apprezzare i grandi valori ispirati dal Cristianesimo, ad esempio la visione dell'uomo come persona, il matrimonio e la famiglia, la distinzione tra sfera religiosa e sfera politica, i principi di solidarietà e sussidiarietà, e altri".
Per essere a servizio di un'autentica cultura dell'incontro la comunicazione allora va intesa "in termini di prossimità". "Chi comunica si fa prossimo". E come nella parabola del Buon samaritano, "Gesù inverte la prospettiva: non si tratta di riconoscere l'altro come un mio simile, ma della mia capacità di farmi simile all'altro. Comunicare significa quindi prendere consapevolezza di essere umani, figli di Dio. Mi piace definire questo potere della comunicazione come '"prossimità'".
"Quando la comunicazione ha il prevalente scopo di indurre al consumo o alla manipolazione delle persone, ci troviamo di fronte a un'aggressione violenta come quella subita dall'uomo percosso dai briganti e abbandonato lungo la strada, come leggiamo nella parabola".
E come per il samaritano, "non basta passare lungo le 'strade' digitali, cioè semplicemente essere connessi: occorre che la connessione sia accompagnata dall'incontro vero. Non possiamo vivere da soli, rinchiusi in noi stessi. Abbiamo bisogno di amare ed essere amati. Abbiamo bisogno di tenerezza. Non sono le strategie comunicative a garantire la bellezza, la bontà e la verità della comunicazione. Anche il mondo dei media non può essere alieno dalla cura per l'umanità, ed è chiamato ad esprimere tenerezza. La rete digitale può essere un luogo ricco di umanità, non una rete di fili ma di persone umane. La neutralità dei media è solo apparente: solo chi comunica mettendo in gioco se stesso può rappresentare un punto di riferimento. Il coinvolgimento personale è la radice stessa dell'affidabilità di un comunicatore. Proprio per questo la testimonianza cristiana, grazie alla rete, può raggiungere le periferie esistenziali".
"Lo ripeto spesso: tra una Chiesa accidentata che esce per strada, e una Chiesa ammalata di autoreferenzialità, non ho dubbi nel preferire la prima. E le strade sono quelle del mondo dove la gente vive, dove è raggiungibile effettivamente e affettivamente. Tra queste strade ci sono anche quelle digitali, affollate di umanità, spesso ferita: uomini e donne che cercano una salvezza o una speranza. Anche grazie alla rete il messaggio cristiano può viaggiare «fino ai confini della terra» (At 1,8). Aprire le porte delle chiese significa anche aprirle nell'ambiente digitale, sia perché la gente entri, in qualunque condizione di vita essa si trovi, sia perché il Vangelo possa varcare le soglie del tempio e uscire incontro a tutti. Siamo chiamati a testimoniare una Chiesa che sia casa di tutti". "La comunicazione concorre a dare forma alla vocazione missionaria di tutta la Chiesa, e le reti sociali sono oggi uno dei luoghi in cui vivere questa vocazione a riscoprire la bellezza della fede, la bellezza dell'incontro con Cristo. Anche nel contesto della comunicazione serve una Chiesa che riesca a portare calore, ad accendere il cuore".
"La testimonianza cristiana non si fa con il bombardamento di messaggi religiosi, ma con la volontà di donare se stessi agli altri «attraverso la disponibilità a coinvolgersi pazientemente e con rispetto nelle loro domande e nei loro dubbi, nel cammino di ricerca della verità e del senso dell'esistenza umana» (Benedetto XVI, Messaggio per la XLVII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 2013). Pensiamo all'episodio dei discepoli di Emmaus. Occorre sapersi inserire nel dialogo con gli uomini e le donne di oggi, per comprenderne le attese, i dubbi, le speranze, e offrire loro il Vangelo, cioè Gesù Cristo, Dio fatto uomo, morto e risorto per liberarci dal peccato e dalla morte. La sfida richiede profondità, attenzione alla vita, sensibilità spirituale. Dialogare significa essere convinti che l'altro abbia qualcosa di buono da dire, fare spazio al suo punto di vista, alle sue proposte. Dialogare non significa rinunciare alle proprie idee e tradizioni, ma alla pretesa che siano uniche ed assolute".
"L'icona del buon samaritano, che fascia le ferite dell'uomo percosso versandovi sopra olio e vino, ci sia di guida. La nostra comunicazione sia olio profumato per il dolore e vino buono per l'allegria. La nostra luminosità non provenga da trucchi o effetti speciali, ma dal nostro farci prossimo di chi incontriamo ferito lungo il cammino, con amore, con tenerezza. Non abbiate timore di farvi cittadini dell'ambiente digitale. È importante l'attenzione e la presenza della Chiesa nel mondo della comunicazione, per dialogare con l'uomo d'oggi e portarlo all'incontro con Cristo: una Chiesa che accompagna il cammino sa mettersi in cammino con tutti. In questo contesto la rivoluzione dei mezzi di comunicazione e dell'informazione è una grande e appassionante sfida, che richiede energie fresche e un'immaginazione nuova per trasmettere agli altri la bellezza di Dio".
http://www.asianews.it
lunedì 20 gennaio 2014
DEDICATA A TE!
Dedicata a te, uomo o donna, che ti proietti nel futuro!
domenica 19 gennaio 2014
Gli angeli dell’«hashtag»
Gli angeli ci sono, eccome se ci sono! La loro luce brilla nel grande firmamento dell'umanità!
Grazie "insopportabile".
Durante l’alluvione sarda, un gruppo di sconosciuti giovani informatici ha creato un servizio di informazione digitale sfruttando la Rete e i social network. L’identità di questi volontari è rimasta nell'ombra, ma il loro operato continua a brillare...
Articolo di Michela Murgia
www.messaggerosantantonio.it
http://www.messaggerosantantonio.it/messaggero/pagina_articolo.asp?R=Storie%20di%20vita&ID=2431
Grazie "insopportabile".
Durante l’alluvione sarda, un gruppo di sconosciuti giovani informatici ha creato un servizio di informazione digitale sfruttando la Rete e i social network. L’identità di questi volontari è rimasta nell'ombra, ma il loro operato continua a brillare...
Articolo di Michela Murgia
www.messaggerosantantonio.it
http://www.messaggerosantantonio.it/messaggero/pagina_articolo.asp?R=Storie%20di%20vita&ID=2431
sabato 18 gennaio 2014
DIFFUSORI DI ALLEGREZZA
http://video.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/mika-incontra-il-suo-mito-il-duetto-con-dario-fo-su-la7/152967/151472
Due meraviglie!
venerdì 17 gennaio 2014
CONFINE DEL CUORE
Bombino,
ovvero niente frontiere, la musica è il confine del suo cuore.
ovvero niente frontiere, la musica è il confine del suo cuore.
mercoledì 15 gennaio 2014
SULLA SCIA DI UN PIRATA!
Il "Pirata" che piacque a Giuseppe Verdi.
Simon Boccanegra, il pirata, è un coraggioso, che si vede affidare i destini della patria. E’ l’unico che abbia l’autorevolezza per tentare una conciliazione tra le opposte fazioni che si contendono, dilaniandola, la città di Genova.
"C'è l'impossibilità di coniugare l'elemento individuo con l'elemento società, e forse anche qualcosa di più: l'inconciliabilità tra individuo e Storia. La Storia delude sempre, alla fine, Verdi."
Simon Boccanegra, il pirata, è un coraggioso, che si vede affidare i destini della patria. E’ l’unico che abbia l’autorevolezza per tentare una conciliazione tra le opposte fazioni che si contendono, dilaniandola, la città di Genova.
"C'è l'impossibilità di coniugare l'elemento individuo con l'elemento società, e forse anche qualcosa di più: l'inconciliabilità tra individuo e Storia. La Storia delude sempre, alla fine, Verdi."
sabato 11 gennaio 2014
venerdì 10 gennaio 2014
UNA SOCIETA' SENZA "MARITI" POTRA' ESSERE IL CAMBIAMENTO?
foto tratta da: http://www.iodonna.it/
COMUNITA' MOSO ovvero "BENVENUTI NEL PAESE DELLE DONNE".
Ecco il paradiso dove trionfa la natura. E non esiste guerra. E' una società matriarcale in cui si pratica l'economia del dono. Si creano così legami tra le persone, contesti di condivisione, rifiutando l'individualismo, la competizione e la violenza.
Le relazioni tra uomo e donna si svolgono nella più completa libertà, non esiste il concetto di possesso.
E' una società in cui le donne hanno il controllo del corpo e della sessualità.
Uomini e donne si prendono cura dei bambini e non esiste differenza tra donne che hanno figli e quelle che non ne hanno.
E' una società fondata sulla parità assoluta tra uomo e donna.
In queste società non c'è alcuna gerarchia, le decisioni si prendono collettivamente, utilizzando il metodo del consenso, una pratica non violenta che prevede l'ascolto dei bisogni.
Il lavoro è considerato un mezzo per ottenere il necessario per vivere e non per raggiungere un tenore di vita più alto o accumulare ricchezze.
E' la donna più saggia, abile e competente, ma anche la più imparziale e in genere la più anziana, a guidare il clan, prendendosi la responsabilità di assicurare il benessere per la sua famiglia.
Gli uomini hanno profondo rispetto. Non perdono la loro autorevolezza o virilità, c'è una collaborazione della vita quotidiana, una divisione dei compiti.
- Antonella Fiori -
Un bel esempio "politico" ...
martedì 7 gennaio 2014
HO SOGNATO UN' ALTRA VITA DOVE SORRIDEVO
CASA MIA
"Avevo assistito a un monologo recitato da una ragazza africana, sorella di un ragazzo che in uno dei tanti viaggi della speranza, non ce l'aveva fatta. Una volta a casa ho sentito l'esigenza di mettere tutto in un testo ed era come se fosse quel ragazzo a dettarmi le parole. E' stata una cosa strana e naturale insieme: neanche un verso è stato costruito a tavolino".
Routy Miura
lunedì 6 gennaio 2014
domenica 5 gennaio 2014
UNO SPETTACOLO DI DONNA!!!
"La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
col vestito alla romana:
Viva viva la Befana!"
"La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte,
con la scopa di saggina:
viva viva la nonnina!"
"La Befana vien di notte
co le scarpe tutte rotte
le calzette a la romana
tira giu' la cappellana.
La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
un ciuffone tutto blu
fichi e noci butta giu'.
La Befana zitta zitta
quando vien la neve fitta
passa riempie la calzina
oh, che bella Befanina!"
"La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
il suo sacco è pien di toppe
e le ossa ha tutte rotte.
La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte,
il vestito trulla là, la Befana:
"Eccomi quà!!!"
"La Befana vien di notte,
con le scarpe tutte rotte,
le sue guance son pagnotte,
i suoi occhi fanno a botte.
Ti va bene se ci credi,
perché troverai bei doni.
Ti va male se la vedi
mentre passa a mezzanotte,
perché troverai carboni
con cipolle cotte!"
"Vien dai monti a notte fonda.
Com'è stanca! La circonda
neve, gelo e tramontana.
Viene, viene la Befana!"
http://www.milanofree.it/
INCROCI...CON IL CIELO E CON IL FANGO
Il battito di un cuore dentro al petto
la passione che fa crescere un progetto
l'appetito la sete l'evoluzione in atto
l'energia che si scatena in un contatto
Io lo so che non sono solo
anche quando sono solo
io lo so che non sono solo
io lo so che non sono solo
anche quando sono solo
la passione che fa crescere un progetto
l'appetito la sete l'evoluzione in atto
l'energia che si scatena in un contatto
Io lo so che non sono solo
anche quando sono solo
io lo so che non sono solo
io lo so che non sono solo
anche quando sono solo
sabato 4 gennaio 2014
UNA FINESTRA SULLA STRADA
Splendido testo, una finestra sulla strada in cui tra gli altri camminano "uomini speciali", ma reali, che hanno lasciato un segno indelebile nella storia dell'umanità.
Non miraggi, non modelli artificiali. Persone capaci di rompere gli schemi, volti sfigurati, volti amati...
Non miraggi, non modelli artificiali. Persone capaci di rompere gli schemi, volti sfigurati, volti amati...
L'ARCANGELO
E vieni col vento
Vieni per la sete
Vieni a correre per le strade
Inciampare ancora
Vieni per la sete
Vieni a correre per le strade
Inciampare ancora
venerdì 3 gennaio 2014
EPPURE IL VENTO SOFFIA ANCORA
...Eppure il vento soffia ancora
spruzza l'acqua alle navi sulla prora
e sussurra canzoni tra le foglie
bacia i fiori li bacia e non li coglie...
E' costante il vento, arriva, se ne va e ritorna. E' imprevedibile come il suo soffio. A volte ci accarezza altre ci schiaffeggia, a volte ci spinge altre ci frena. Mi piace quando mi accompagna smuovendo lievemente i capelli oppure quando inaridisce delle inaspettate lacrime.
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