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giovedì 30 gennaio 2014

A GIOEBIA!




A Gioebia!.. a Gioebia! ...andavano un tempo schiamazzando, l'ultimo giovedi' di gennaio, i ragazzi per la vie di Busto Arsizio accompagnando gli strilli con il suono della percussione di coperchi e di latte, cioè battendo "cunt' i cuercì e sü i tuluni".
A sera, poi, le gioebie costruite dai gruppi di cortile o di contrada con stracci e paglia, e che potevano assumere le sembianze maschili o femminili, a seconda che ì fantocci fossero rivestiti di pantaloni e camicia con il capo coperto da un cappellaccio oppure con mutandoni di pizzo, un grembiule ed il capo coperto da un fazzoletto, venivano portate in grandi cortili o sulle piazze per essere bruciate. Consumati i fantocci, il rogo continuava ad accompagnare la festa popolare alimentato da fascine di rubinia e fusti secchi di granoturco, cioè fasci di "brusciain" e di "maagosciu".
La festa , il cui nome trae origine probabilmente dal femminile dell'aggettivo latino iovius,a, um, derivato dal genitivo lovis del sostantivo lupiter (cioè Giove), e le cui origini si perdono nelle sovrapposizioni di tradizioni lontanissime, è nella variante bustocca anche la festa del "di scienén", cioè I' occasione di cenare in comunità o in famiglia "cunt' uI lüganghén", il salamino, cotto nella brace e nella cenere del camino, oppure , presso i gruppi più poveri, "cunt' ul saràcu", cioè con la popolare saracca; immancabile era sulle mense "ul pangiàldu", cioè il tradizionale pane alto lombardo impastato con farina di grano e granoturco.
Le sequenze nel loro insieme esprimono anche la radicata concezione popolare secondo la quale avere una "patria" vuoi dire non essere soli: sapere che nella gente, nel dialetto, nella terra e nel cibo c'è qualche cosa di tuo.

(Dal volantino della Gioeubia 2006 del Club "Ul cuarantacenchi")


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