UN UOMO si fece avanti,
un padre di famiglia.
Sul suo volto leggevi l'umiliazione e la paura.
Così parlò al vescovo Ambrogio:
" Vescovo Ambrogio,
ho bussato a tante porte, ho incrociato
molti sguardi sorridenti e inflessibili:
chi darà lavoro a un cinquantenne?
Stendo queste mani umiliate d'essere inutili:
chiedo di guadagnarmi il pane lavorando in pace;
invece eccomi a vivere di pazienza
e di precaria compassione.
Mentre la sfacciata opulenza sembra
rimproverare ai poveri d'essere stupidi o lazzaroni".
Così parlò il vescovo Ambrogio:
" Non fu avara con me la vita:
ho conosciuto la sicurezza che infondono
le antiche case, dove ogni pietra ricorda
imprese gloriose degli avi e le mura solide
proteggono un ragazzo e il suo futuro.
Non fu avara con me la vita
e ho conosciuto la tentazione dell'orgoglio:
vagando per ore tra frutteti e campi coltivati
mi sono sorpreso a pensare:
' tutto questo ci appartiene,
fin dove giunge lo sguardo posso dire: è mio!'
e mi sono sorpreso a compiacermi
dello sguardo deferente della gente al lavoro.
Non fu avara con me la sorte:
non ho conosciuto mai la trepidazione
sul benessere di domani.
Eppure un giorno condotto a forza
dai palazzi del potere a camminare tra la gente
ho letto negli sguardi l'umiliazione della miseria,
la rabbia per l'ingiustizia, l'invocazione d'aiuto.
Ho sentito l'odore della povertà,
ho visto lo squallore dove piangono i bambini,
mi ha stretto il cuore il sorriso imbarazzato
e il dignitoso riserbo
che non sa chiedere niente e ha bisogno di tutto.
Allora ho amato la speranza di una nuova fraternità,
ho sfidato l'azzardo della condivisione
e non ho ritenuto esagerato che ogni mio bene
fosse offerto a chiunque ne avesse bisogno.
Allora ho alzato il mio grido come un lamento,
come un'invocazione, come un'invettiva.
Non mi illudo che l'anima dell'uomo
sia guarita per sempre dall'avidità di possedere,
ma invoco che i discepoli di Cristo
combattano l'idolatria della ricchezza,
una testa della grande bestia che fa la guerra ai santi.
Non conosco vie semplici
per uscire da complicate ingiustizie,
ma oso pregare che non sia spenta la speranza.
le energie più vive e le intelligenze più creative
della nostra gente
possono inventare percorsi più coraggiosi,
perchè il benessere non sia un privilegio
e la ricchezza non sia un idolo
al quale sacrificare la pace delle famiglie
e il sorriso dei bambini.
Non so chi mi ascolterà, ma oso ripetere
le invettive dei profeti e le parole dure
di nostro Signore: Guai a voi, ricchi!
Guai allo sperpero scandaloso che si svolge
sotto lo sguardo degli affamati!
Guai al calcolo spietato
che si approfitta del debole indifeso!
Guai all'avidità insaziabile che rovina il povero,
come se volesse abitare da sola tutta la terra!
Ma tutti voi che cercate lavoro,
tutti voi che temete il futuro,
tutti voi che trepidate di un incerto presente,
non lasciatevi cadere le braccia,
non rassegnatevi a una inerte attesa,
non vivete solo di lamenti e pretese!
La vostra povertà non vi renda meschini
e insensibili alla povertà degli altri,
le ingiustizie subite non vi rendano ingiusti.
La fiducia del Signore e la stima di voi stessi
sia come sorgente di fantasia e di intraprendenza,
e siate fieri di accettare la sfida,
pronti a unire le forze,
coraggiosi a sostenere la fatica.
Benedica il Signore le vostre case,
benedica i desideri buoni.
Benedica ed esaudisca".
Sant'Ambrogio
(tratto dalla lettera di Natale 1996: Sette dialoghi con Ambrogio vescovo di Milano - di Carlo M.Martini )
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